mercoledì 7 gennaio 2009

White Winter Hymnal

Nevica a Bologna. Grosse scaglie di forfora d’angelo in questa città.
Le strade sono ricoperte di bianco e io sono costretto a camminare come uno zombie con una trombosi emorroidale, a gambe aperte e misurando ogni singolo passo. E questo perché la prima volta che vidi la neve non fu affatto divertente.
Molti di quelli che provengono da terre calde ricorderanno le loro prime giornate innevate come episodi indimenticabili, a giocare con gli amici o con la famiglia a fare foto da trofeo.
Io invece mi spaccai subito la testa e per due settimane dovetti tenerla fasciata con i capelli che puzzavano di topo putrefatto. Come tutte le mattine ero in ritardo e non tenni conto di quei fiocchi delicati sotto i miei piedi che al mio passaggio si tramutavano in ghiaccio malefico. Presi a correre e girato l’angolo scivolai e sbattei contro lo spigolo di una colonna. Sangue a catinelle e fine dei giochi. Addio palle e addio foto.
Tornai a casa con la faccia insanguinata e mia madre vedendomi credette che mi avessero sparato o chissà cosa. “Figghiuuuu miaaa!” gridò e per poco non mi svenne ai piedi. Poi mi portò dal dottore e quando tornammo non ci mise neanche un secondo e se ne andò pure lei a giocare a palle e a fare foto da trofeo, mentre io ormai fobico aspettavo che tornasse il sole a ripulire tutto.
Ora è diverso, ora l’adoro la neve, ma ci vado comunque cauto mentre ascolto
White Winter Hymnal dei Fleet Foxes.

[…] you would fall
and turn the white snow red as strawberries
in the summertime.

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